E’ nelle fratture di un territorio complesso che si riconosce la caparbietà di un popolo che vuole reagire. Una comunità che ha voglia di riprendersi un territorio confiscato da mani insensibili. Nelle trame di un paesaggio crudo, abusato e violato, la vita continua a spingere per cercare un luogo dove poter prosperare. Nonostante una continua e perentoria disillusione ci si crede ancora. Ha dalla sua il tempo per potersi insinuare in modo capillare nelle fratture lasciate dal tempo. Il segreto è acuire i sensi, senza scappare, con la consapevolezza di risolvere quei problemi atavici che sono intrinsechi ormai nel territorio. Per troppo tempo l’abbandono ha giocato un ruolo da protagonista, è giunto il momento, per questa moltitudine, di spaccare le mura, la pietra o qualsiasi cosa ostacoli la vita. Un popolo fatto di mille culture, mille migrazioni, oltrepassando le frontiere, trascinati da quel sentimento di coesione, equilibrio, e armonia caratteristici di questa specie. E’ il momento di riprendersi ciò che è nostro, e non importa se ci vorranno decenni, o centinaia di anni, forse addirittura millenni, ma questo territorio torterà alle origini, tornerà alle piante.































































